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L’RSPP non è tenuto ad assicurarsi che il datore di lavoro adempia

Perché l’RSPP non ha compiti di vigilanza sull’attuazione degli obblighi da parte del datore di lavoro e non è responsabile penalmente in caso di infortunio per non aver controllato che quello adotti le misure individuate nel DVR.

Articolo di Anna Guardavilla, Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro (Pubblicato su Punto Sicuro del 29/02/2024).

Benché il principio affermato dal titolo di questo contributo possa essere ritenuto (per fortuna) evidente e ovvio dai conoscitori della materia (o, se non proprio ovvio, quantomeno intuitivo), a volte mi capita di imbattermi, nella mia interlocuzione con i professionisti e le aziende, in qualche incertezza o confusione su questo tema. Allo stesso modo, la stessa confusione è talora rinvenibile nelle argomentazioni difensive dei datori di lavoro nell’ambito dei procedimenti penali per infortunio.

A fronte di ciò, dunque, può essere utile puntualizzare.

Procediamo per gradi.

I compiti dell’ RSPP, al cui svolgimento – secondo diligenza professionale – questo si obbliga civilisticamente nei confronti del datore di lavoro mediante un contratto di lavoro subordinato o un contratto d’opera professionale, sono quelli indicati nell’art.33 del D.Lgs.81/08.

Tra essi non compare alcun compito che preveda che tale soggetto debba garantire – attraverso una qualche vigilanza – il fatto che il datore di lavoro adotti le misure che quest’ultimo è tenuto a predisporre.

Il perimetro dell’area di competenza dell’RSPP, pertanto, lungi dall’essere particolarmente difficoltoso da ricostruire sotto il profilo giuridico, è quello tracciato dal legislatore.

Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione – in quanto tale – non è un soggetto obbligato all’adozione delle misure di prevenzione e protezione individuate nel documento di valutazione dei rischi, dal momento che, ai sensi dell’art.18 del D.Lgs.81/08, i soggetti tenuti a ciò sono il datore di lavoro e il dirigente (laddove, ciò precisato, da qui in poi citeremo il solo datore di lavoro).

La Cassazione è infatti cristallina nel ricostruire e descrivere il ruolo dell’RSPP, allorché sottolinea – sulla base di un orientamento giurisprudenziale ormai costante e consolidato – che “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in quanto consulente del datore di lavoro privo di potere decisionale, risponde dell’evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato od omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate”.

Di conseguenza, secondo la Suprema Corte, “con riferimento agli infortuni che siano da ricollegare alla mancata valutazione del rischio ovvero alla mancata adozione delle misure previste nel documento, la responsabilità deve, dunque, essere configurata in capo al datore di lavoro”, con l’avvertenza che, per quanto riguarda gli infortuni causati dalla mancata o carente valutazione del rischio (che non è però l’oggetto di questo contributo), “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione può essere ritenuto responsabile, in concorso con il datore di lavoro, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare” Cassazione Penale, Sez.IV, 18 maggio 2023 n.21153).

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